Il Riggiro di Alessandro.

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17 Giugno 2006
Sarebbe dovuto partire i primi di Giugno ma un grave lutto ha addolorato Alessandro che, dopo tanti mesi di allenamento, stava quasi per rinunciare del tutto alla sua piccola grande impresa. Già nel 2003, dopo aver percorso centinaia di km, aveva dovuto interrompere la circumnavigazione a causa del maltempo e della fine delle ferie.
Partito di buon ora dal porticciolo di Ognina (CT), seguito ed assistito nelle operazioni di carico dalla sua amorevole compagna, si è avviato in direzione di Messina con il kayak "ULISSE" fornitogli dalla ditta OVERLINE. A bordo tutto il necessario per la navigazione e per la sicurezza: carta nautica, bussola, razzi di segnalazione, VHF, ecc. Ma ci sono anche i confort: un lettore MP3, acqua e bevande, cibo e ricambi asciutti... Auguriamo tanta fortuna ad Alessandro e cercheremo di seguirlo nel suo periplo a tappe intorno alla Sicilia.

DIARIO DI BORDO di Alessandro

17 GIUGNO Catania (CT) - Giardini (ME)
18 GIUGNO Giardini - Messina (ME)
25 GIUGNO Messina - Villafranca (ME)
26 GIUGNO Villafranca - Tindari (ME)
3 LUGLIO Capo D'Orlando - Tindari (ME)
15 LUGLIO Brucoli - Ognina (SR)
22 LUGLIO Marzamemi (SR) - Pozzallo (RG)
23 LUGLIO Marzamemi - Ognina (SR)
26 LUGLIO Catania (CT) - Brucoli (SR)
28 LUGLIO Licata (AG) - Gela (CL)
29 LUGLIO Gela (CL) - Punta Braccetto (RG)
21 AGOSTO Punta Braccetto - Pozzallo (RG)
28 OTTOBRE Eraclea Minoa - San Leone (AG)
30 OTTOBRE
5 NOVEMBRE San Leone - Licata (AG) - Fine del Periplo
8 NOVEMBRE Cefalù (PA) - S. Stefano di Camastra (ME)
18 NOVEMBRE Mondello - Terrasini (PA)
19 NOVEMBRE Stagnone di Marsala (TP) - Fine del Riggiro


Sabato 17 giugno: CATANIA-GIARDINI




Ore 8,40 partenza da Porto Ulisse. La prima ora passa in massima tranquillità, buona musica e condizioni del mare pressoché perfette. Riesco ad essere ad Aci Trezza alle 9:40. Non fa ancora caldo, per cui, doppiato il promontorio di Capo Mulini, punto la prua direttamente su Stazzo, decidendo di evitare la costeggiata della Timpa. I pensieri sono tanti: la mia famiglia, mio figlio, la mia vita lavorativa, avara di soddisfazioni.... - Alla seconda ora sono giunto in corrispondenza di S.Maria La Scala e comincio ad avvertire un pò di fame. Il programma studiato prevedeva un sorso d'acqua ogni mezz'ora, uno di succo di frutta/integratore salino ogni 45' e una barretta energetica ogni ora. Alle 11,40 supero Praiola, con un mare che a volte si agita a causa dei molti motoscafi: uno in particolare, nei pressi di Riposto viene direttamente verso di me, scansandomi soltanto negli ultimi metri....fa male vedere un adulto di oltre 50 anni, accompagnato da due signore di pari età, gestire un mezzo potenzialmente pericoloso per bagnanti e piccoli natanti con tale superficialità e scarsa considerazione del prossimo... Alle 13,40, dopo 5 ore, sbarco nei pressi di Mascali, ma il pessimo stato della costa, caratterizzata da uno scalone di 50cm e da un bagnasciuga di 1mt, causa il mancato spiaggiamento con conseguente riempimento della canoa. Vanno perduti una spugna e, soprattutto, il fedele lettore MP3, che pur essendo in una custodia impermeabile, causa passaggio del filo della cuffia, rimane irrimediabilmente danneggiato dall'acqua marina. Con grande fatica spingo la canoa sulla spiaggia e immagino con reale preoccupazione come sarebbe andata se anziché avere una canoa quasi scarica (a parte l'acqua imbarcata) avessi avuto il pieno carico da periplo della Sicilia...Anche il gavone di poppa risulta allagato, per cui trovo documenti e soldi bagnati. Al culmine di questa fantozziana vicenda, provo a stendere il telone da me progettato per riparare canoa e passeggero durante le soste sulle spiagge, ma i paletti prestatimi risultano troppo bassi e mi ritrovo steso accanto alla canoa con il telo…sulla faccia! Con mia moglie al telefono ci rido su, ma mi confido anche con il indispensabile amico-allenatore, Simone Baldelli, che mi ricorda la mia normalità, come virtù piuttosto che limite: mi riposo un paio d'ore, meditando anche soluzioni definitive, ma alle 16,00 la svolta: DECIDO DI CUCINARMI UN PIATTO DI PASTA CON L'OLIO!!! Il mio fornello ad alcool funziona a meraviglia, la pasta è pronta dopo 20' e mangio di gusto. Rifocillato, decido di riprendere il mare, telefono alla mia straordinaria compagna di disavventure e l'avviso di non preoccuparsi più per me!! Navigo con rinnovato vigore fino a Naxos, dove arrivo dopo altre due ore di navigazione. Il mare rimane poco mosso, sono stanco, arso dal sole cocente di un'intera giornata, ma soddisfatto soprattutto della mia reazione alla difficoltà e decido di sbarcare nel porto di Giardini.
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Domenica 18 giugno: GIARDINI-MESSINA
Dopo una ottima nottata di sonno all'Hotel Pagano di Sant'Alessio, alle 8,25 scendo in mare, quasi del tutto immobile a parte il milione di piccole meduse che circondano la canoa spiaccicandosi sulla prua in movimento come improvvisati 'moscerini acquatici'. Sono ottimista, anche se il caldo si preannuncia insopportabile, a causa della mancanza di vento. I paesi scorrono alla mia sinistra velocemente, senza soluzione di continuità, e mi trovo dopo circa un'ora e mezza di navigazione nei pressi di Nizza di Sicilia. Scopro di aver raggiunto questo borgo solo grazie ad un pescatore che guarda divertito questa canoa rossa con la bandierina dell'ADVS (Ass. Donatori Volontari Sangue) e mormora il breve nome del paesino peloritano. Dopo Ali Terme si comincia a ballare: il famigerato vento termico dello Stretto, che già tre anni fa aveva tormentato la mia seconda tappa, comincia a soffiare da Est: mi metto alla cappa, indosso il paraspruzzi, chiudo i "boccaporti" e mi tuffo fra le onde. La canoa risponde alla grande, fendendo le onde senza scarrocciamenti nè spanciate . Ogni tanto però il vento mi dà tregua e raggiungo Scaletta Zanclea alle 11,00. Sono fiducioso, perchè ormai intravedo, in lontananza, Messina e, di fronte, Reggio Calabria... Il mare torna a farsi sentire e più vado avanti e più le onde si fanno disordinate e alte: molti wind surf e mistral mi circondano, anche perchè più a loro agio. Giunto nei pressi di Tremestieri alle 12,30, dopo 4 ore di navigazione, trovo riparo dietro ad una barriera artificiale e considerata l'ora e la difficoltà di approdo (il prossimo scalo sarebbe stato dopo gli imbarchi della Caronte, ad oltre 1 ora di navigazione da dove mi trovavo), decido di sbarcare proprio lì, dove la famiglia mi raggiunge per andare a godere un meritato pasto a Ganzirri.


Domenica 25 giugno: MESSINA-VILLAFRANCA


la giornata si preannuncia calda e difficile, dato che la partenza, prevista da Messina, mi costringe ad un viaggio in macchina di circa un'ora, diventato di due ore e mezza a causa di un assurdo ingorgo sull'autostrada CT-ME. Alle 12,30 raggiungo con la mia splendida compagna di vita l'imbarcadero della Caronte (ho ritenuto prudente non passare davanti ai traghetti delle FFSS e della Caronte a quell'ora) ed alle 12,57 punto la prua dell'Ulisse II verso Capo Peloro. L'esperienza di tre anni fa mi impone una condotta rigorosa e prudente. Mi affianco alla costa, a non più di 10 metri dal naso dei bagnanti incuriositi da quest'imbarcazione rossa con bandierina e "ruote" (quelle del carrello artigianale costruito dal falegname), ancora una volta, su un letto di meduse, stavolta riunite a grappoli, mimetizzate fra le alghe, e risalgo i circa 9 km che mi separano dallo scalone del Tirreno. Anche nel precedente viaggio passai dallo Stretto all'incirca allo stesso orario e la corrente discente, con impressionante regolarità, come allora, si manifesta in tutto il suo aspetto minaccioso. Tuttavia il braccio di controcorrente prodotto dallo spostamento laterale delle masse d'acqua, mi permette di risalire la costa senza sforzo ed in 1,40 h passo intorno alla lingua di sabbia che divide il Tirreno dalla Ionio. Sono veramente contento di me!! Troppo presto però per cantare vittoria, dato che i successivi 10 km, da Capo Peloro e Capo Rasocolmo diventano un calvario a causa di un fastidioso vento da Sud - SudEst che interagisce con il mio timone costringendomi ad una navigazione quasi laterale che mi impone di rimanere sotto costa per godere della protezione delle colline della Mortelle. Impiego due ore buone a combattere, senza farmi mancare però né acqua né cibo, visto che non mi posso concedere alcuna sosta, se voglio arrivare prima di sera a Villafranca. Dopo il Capo però la situazione cambia: il mare si calma e il vento scompare e riesco a rilassarmi; le gambe però sono doloranti per la posizione molto scomoda a causa della continua pressione esercitata sul pedale di destra e per l'improvviso cedimento dello spallierino. Rimedio alla mancanza di supporto gonfiando il cuscino che porto con me e frapponendolo fra la schiena e il bordo del pozzetto. La costa sembra un formicaio: centinaia di persone alternano il bagno di sole a quello di mare, ma la curiosità nei miei confronti è incoraggiante e molti mi salutano, a volte anche intuendo lo scopo di questo viaggio e augurandomi il successo della mia avventura. Alla fine, dopo 6,30 ore di pagaiata ininterrotta, concludo i miei 39 km giornalieri, sbarcando sul litorale di Villafranca dove Tania, mia moglie, mi aspetta già per aiutarmi a sbarcare.
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Lunedì 26 giugno: VILLAFRANCA-TINDARI
dopo uno splendido sonno ristoratore a casa del mio amico fraterno Ezio Olivo, ed una buona colazione al bar con cornetto, brioche e caffé, alle ore 8,30 ridiscendo in acqua. Inizialmente la rotta prevedeva la costeggiata fino a Milazzo e la risalita della penisola omonima, senza obiettivi specifici, anche se la segreta speranza è di riuscire a scavalcare questo promontorio lungo circa 5 miglia, circa 9 km. Ma due minuti dopo la partenza, mi ritrovo, come tre anni fa, a dirigere gli occhi della mia prua direttamente al Capo Milazzo, su una diagonale di circa 20 km. Il mare è calmo, anche se spira una lieve brezza da Ovest, Nord-ovest. In mancanza di musica, lavoro di braccia pregando o raccogliendo le idee sulla mia giornata. Mi impongo di pensare un tempo limite a chilometro, così da controllare sul cronometro del mio cardio-frequenzimetro la percorrenza fino a quel momento. Dopo due ore e 40', evitando accuratamente le scie di due Aliscafi della Siremar e di alcuni grossi pescherecci, raggiungo il promontorio ed il premio è la visione della spiaggia incontaminata del Capo, vuota, lussureggiante per la vegetazione spontanea e vitale, per tutti i gabbiani che la popolano. E' lunedì e mancano i soliti diportisti della domenica, che amano gettare l'ancora nei pressi della spiaggia e trascorrere delle ore meravigliose fra cielo, terra e mare…Sono tentato dall'idea di sbarcare e godere di quella solitudine, ma qualcosa mi dice che non è il caso di fermarsi: scatto qualche foto (come si vede nell'allegato) e proseguo la mia marcia sul lato Ovest della penisola milazzese. Il mare è calmissimo e sono pure a favore di vento, che spira da Est, ma preferisco non tagliare direttamente per Tindari, anche perché sono alla 4^ ora di navigazione e con 36°C di temperatura è veramente sconvolgente trovarsi ancora al largo. Così alle 13,40 sbarco, dopo 5 ore e 10 h di navigazione, nei pressi di una frazione dal nome non riportato sulla carta nautica, a circa 4 km da Barcellona Pozzo di Gotto. Monto con successo il telone, grazie al nuovo palo che mi sono procurato (anche se forse avrei bisogno di un altro paletto per aumentare l'altezza), faccio il bagno e approfitto delle docce pubbliche montate su improvvisati monoliti dalle forme vagamente animali che l'amministrazione ha donato alla costa milazzese; cucino un po' di pasta e riposo fino alle 15,30. Poi il caldo e la fretta di arrivare mi spingono a riprendere il mare… ma non mi sarei mai aspettato di vederlo di lì a poco cambiare in consistenza e odore: infatti dopo 20 minuti di navigazione mi ritrovo alla foce un torrente di liquami che invade la costa costringendomi ad una "nauseante sbracciata" fra fetori e miasmi venefici: lo spettacolo è orrido e tristissimo. Da un lato il mare giallastro, inerte, soffocato dalla sporcizia, dall'altro una costa che sembra essere vittima della vendetta di quello stesso mare che essa inquina, con ponti crollati, massi scagliati sulle porte delle tante abitazioni abusive, ovunque solo spazzatura, vegetazione selvaggia e …assenza di vita. Dopo Porto Rosa la situazione migliora sensibilmente e sbarco a Tindari, in un'oasi di pulizia e ordine, quasi un'isola nell'isola!! Sono le 18,30, quando chiudo felicemente questa seconda tappa, con 53 km percorsi in 7,30 h.
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Sabato 3 luglio: CAPO D'ORLANDO-TINDARI



l'avventura riprende da Capo D'Orlando dove il lunedì precedente avevo lasciato l'Ulisse 2°. Grazie alla calorosa ed indispensabile collaborazione degli amici di Capo d'Orlando, Francesco Librizzi e Giuseppe Piscitello, che mi accolgono la sera prima e che mi aiutano a custodire la canoa prima, a portarla a mare, poi, riprendo il mio viaggio in un mare fortunatamente ancora clemente. Giuseppe e Francesco decidono di dedicarmi ancora un'ora del proprio tempo e di quello delle mogli, per accompagnarmi in canoa oltre il Capo, fino alla fine del molo del porticciolo del comune tirrenico. Pur essendo partito alle 9,17, cerco ugualmente di mantenere un passo costante, spinto anche dalla mie due staffette che mi scattano anche delle fotografie, le prime in mare ed in navigazione, che permetteranno di arricchire l'album di questa bella storia. E' la storia continua con il superamento dello scoglio di Brolo, di Punta Schino e dello splendido Capo Calavà. Sono tanti i villaggi turistici che incontro, eccessivamente rumorosi, con DJ che fanno a gara per rendere assolutamente impossibile la permanenza in spiaggia di chi desiderasse soltanto rilassarsi. Comunque la costa parla anche attraverso questi irrispettosi altoparlanti e devo anch'io sottostare alla dittatura della moda dei centri di svago… Superato il Capo, comincia a soffiare un leggero vento di Ponente, che non riesce però ad alleviare né il caldo afoso né la fatica di mantenere una posizione statica per così tante ore. I premicoscia saltano, ma li riutilizzo prima come sostegno alle gambe, poi come spessore per mantenere alto lo spallierino, croce di questo viaggio, con la sua tendenza a scivolare in basso non fornendomi sostegno alla fascia lombare. Prima di Tindari mi concedo una sosta in una spiaggetta irraggiungibile dalla terra, una sottile lingua di sabbia sovrastata da scogliere altissime e dorate. Qui mi riposo per una mezz'oretta, cullato dal rumore del mare, un po' mosso, per la verità, ma essendo ormai alla conclusione della tappa rimango fiducioso. Risalgo in canoa con il Paraspruzzi inserito visto che le onde minacciano l'intrusione nel mio pozzetto, raggiungo la spiaggia dei laghetti, mi pongo a riparo dal vento, nel delizioso golfo di Oliveri e sbarco in un punto non troppo affollato (come sempre). Ho le braccia bruciate, le gambe scottate e doloranti, e scelgo di concedermi un bel piatto di penne al tonno. Dopo però tre tentativi anche il mio amato fornello decide di non volerne più sapere di funzionare, così il tonno regalatomi dal carissimo Francesco Petralia lo mangio direttamente nella scatola, mi rimetto in canoa e raggiungo mia moglie che nel frattempo è arrivata da Paternò per venirmi a prendere. Il calcolo odierno della distanza percorsa è di circa 38 km, e, complessivamente, ho coperto circa 240 km in 5 giorni. Prossima tappa: Catania- Avola (Sr).
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Sabato 15 luglio: BRUCOLI-OGNINA (SR)


Costretto a rimanere all'ancora nel precedente fine settimana, causa maltempo su tutta la Sicilia, avevo in programma una ripresa del giro da Porto Palo di Menfi, nel trapanese, nello spazio di mare compreso fra Marsala e Eraclea Minoa. Ancora una volta il sito Datameteo mi avvisa che esattamente in quel punto e soltanto in quello, il mare non sarà favorevole (mare da mosso a molto mosso): disdico l'ennesimo albergo, con non poco stress, e comincio a valutare la possibilità di scendere in acqua proprio dove non ero andato nel fine settimana precedente. In effetti da Catania a Siracusa si prevede mare da poco mosso a quasi calmo (che non significano la stessa cosa, e avrò modo di accorgemene in navigazione!!) per cui recupero i contatti con i Delfini di Brucoli, lo splendido manipolo di "lavoratori della pagaia" del comune aretuseo, e mi accordo per una tappa da Brucoli a Fontane Bianche, di circa 53 Km, da fare, almeno in parte, in compagnia di alcuni di loro. Il programma viene rispettato e sabato mattina ritorno a "bagnare la prua nella calmissima baia di Brucoli: ad aspettarmi Antonio Stabile, il fratello Francesco e l'amico Elio. Fa effetto vedere ben tre Ulisse della Overline in navigazione parallela e mi sento orgoglioso di navigare su una barca così stabile e robusta. Purtroppo nell'entusiasmo commetto due errori gravi: mi ritrovo con le carte nautiche di Marsala e Mazara del Vallo, che avevo dimenticato di sostituire con quelle ioniche e, cosa peggiore, nella fretta di prendere il mare dimentico di caricare due contenitori stagni contenenti la dotazione di sicurezza (boa fumogena, faro di segnalazione notturna) ed i fiammiferi per accendere il fornello ad alcool. Mi ritrovo così cieco ed affamato!!! L'ottimismo non manca, ma perdo completamente di vista il concetto delle distanze e della distribuzione dei promontori lungo il percorso. I miei amici mi accompagnano fino al Faro Santa Croce, a 2 km da Augusta, mentre Antonio Stabile si 'sacrifica' fino ad Augusta, per potermi spiegare la conformazione del golfo e darmi suggerimenti su come affrontare questo specchio di mare lungo 9 km. In verità mi viene raccontata con passione e amore tutta la costiera che separa Brucoli da Augusta, e riesco così a conoscere e 'capire' la bellezza di queste coste continuamente minacciate dall'abusivismo e dall'indiscriminato proliferare di campeggi con discese a mare al limite del legale. Il mare comincia a muoversi con onde lunghe provenienti da NE, cosa che mi costringe a continue correzioni che alla fine pagherò pesantemente. Dopo due ore arrivo ad Augusta, saluto il pluricampione Antonio e punto sulla diga foranea del porto di Augusta. Vengo un po' sballottato dalle onde ed evito per poco un mercantile in partenza per Siracusa. Supero Marina di Melilli, costeggiando la penisola deserta di Magnesi, di fronte al Petrolchimico e lo scenario da meraviglioso si trasforma in squallido, con le ciminiere e le strutture industriali a deturpare quella che una volta era una delle più belle coste del Mediterraneo. Qualcuno mi spiegherà che al momento della messa in opera del complesso industriale molti, lasciata la pesca e l'agricoltura, riuscirono a realizzare il proprio sogno di benessere, con seconda casa a mare, ma aggiungerà che il prezzo da pagare, e non ancora saldato, è stato l'incremento delle malformazioni genetiche e la distruzione di una bellezza che apparteneva non soltanto ai siciliani, ma anche al resto del mondo… Dopo aver incrociato una grossa petroliera che pigramente abbandona il lunghissimo pontile proteso nello Ionio, raggiungo dopo altre due ore di navigazione, il promontorio di Panagia e il paesaggio migliora sensibilmente. Navigo ancora per un'ora, meditando sul fermarmi o meno per un pranzo a base di barrette energetiche (che francamente mi nauseano un po') ma scopro una piccola lingua di sabbia fra le rocce, al riparo dal sole, con due grossi faraglioni a protezione (vedi foto) e decido di sbarcare. Dopo cinque ore di navigazione e sole, mi sento veramente stanco: mi allungo un po' in acqua, mi distendo poi all'ombra e dormo per circa 45'. Alle 14,30, un po' rinfrancato, riparto, e contrariamente a quanto deciso prima (in mare mi succede spesso!!) decido di andare oltre Siracusa, puntando la prua su Capo Murro di Porco, lo sperone roccioso che protegge il porto di Siracusa dai venti meridionali. A questo punto la spalla sinistra comincia a dolere e sono costretto ad alternare pagaiate a fasi di stretching per farmi sopportare meglio la sofferenza. In due ore taglio il golfo di Siracusa e comincio a costeggiare il promontorio. E' ormai un calvario: i capi si moltiplicano, la costa è una sinfonia di grotte e rientranze, ma per quasi un'ora non riesco a scorgere la fine della scogliera. Finalmente dopo 2,30 h doppio il capo e mi appare il golfo di Ognina. Il mare finalmente si quieta e messomi in contatto con i miei familiari comunico le coordinate approssimative del mio sbarco: infatti ho finalmente deciso di fermarmi ad Ognina di Siracusa essendo Cassibile distante un'altra ora di cammino, e dopo 8,30 sono ancora distante dalla costa…fermo tutti i natanti che incrocio per sapere dove sia il porticciolo della piccola Ognina, che non riesco a scorgere per via del sole ormai al tramonto che mi abbaglia. Alla fine, alle 19,20, dopo 9,20 h di navigazione, 47,5 km di navigazione e 11 ore complessive sul mare, l'Ulisses II ed il suo stremato marinaio guadagnano il meritato riposo al tranquillo molo di Ognina. La spalla sinistra è letteralmente bloccata, ma riesco ancora a sollevare la canoa con l'aiuto di mio fratello sulla macchina. Sono soddisfatto e decido di concludere lì il mio fine settimana, per non pregiudicare le future tappe.
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Sabato 22 luglio: MARZAMEMI-POZZALLO (SR-RG)



Dopo una settimana di riposo quasi assoluto, rinfrancato dalla vicinanza delle mie ferie (!), con l'aiuto di una altro amico di lavoro, Peppe Santuccio, che mi accoglie nella piccola Marzamemi, con la moglie ed i figli, riporto il mio kayak sulle acque dello Jonio, pronto a dirigermi alla volta di Pozzallo. Sono abbastanza inquieto, la mattina della partenza, per via del previsto passaggio dall'isola delle Correnti, il cui nome mi intimorisce, ricordandomi la difficoltà degli altri due angoli della Sicilia che ho già doppiato (vedi 3^ tappa). Ciò che mi da coraggio però è il sapere la mia famiglia in splendida compagnia, e, soprattutto, il sapere che il mio maestro di pagaia, Francesco Petralia e l'esperta allieva Mirella, saranno al mio fianco addirittura per tutta la giornata!! Mia moglie comprende il mio stato d'animo e malgrado il suo sonno e quello di Simone, mio figlio, decide di alzarsi ed accompagnarmi fino al mare con la macchina. Mi dispiace disturbarli, ma, intimamente, mi rincuora vederli sulla sabbia dorata del porticciolo di Marzamemi, spingermi verso il mare, con la speranza della mia felicità di un nuovo giorno di avventura…gli sono veramente grato!! Dopo 30' raggiungo i miei due compagni che avevano dormito sotto le stelle, qualche chilometro più a Sud, nei pressi di Porto Palo di Capo Passero. Spira un discreto vento da NE che ci sospinge però verso il Capo planando su una lunga onda placida…sono veramente felice di non essere da solo. La navigazione diventa un momento di crescita reciproca, dove ognuno, dimentico del movimento perpetuo impresso dalle proprie braccia al kayak, condivide con gli altri esperienze e ricordi, scambiando opinioni e ricevendo consigli. La mia proverbiale logorrea vive attimi di esaltazione: mi ritrovo infatti a girare lo sguardo, una volta verso Francesco, un'altra verso Mirella, cambiando in continuazione argomento. Francesco, da ottimo geologo qual è ci spiega la morfologia della coste del Capo, mostrandomi le rocce laviche che emergono dal mare, a testimonianza di eccezionali eventi sismici che determinarono la nascita di queste coste; Mirella condivide con me amicizie comuni, la passione per i cani abbandonati e l'interesse per lo sport: ne nasce un lungo dibattito la cui cornice è lo splendido specchio di mare al di là dell'Isola di Capo Passero. La navigazione procede in modo tranquillo e costante e Mirella riesce a tenere il nostro passo in modo egregio, permettendoci così di superare la famigerata Isola delle Correnti, superata di slancio, e di raggiungere Punta Castellazza entro le 14, dove sbarchiamo per il meritato pranzo. La tenda riesce a coprire tutti e tre, così mentre Mirella e Francesco consumano il loro pasto leggero, io mi concedo uno splendido piatto di pasta con il tonno, e visto che la giornata era veramente fortunata, anche il fornello fa il suo dovere, concedendomi un nutriente e completo pasto… Quindi il sonno: i miei due compagni, sfiancati dalla mia parlantina, crollano addormentati ementre sciorino nuovi concetti e a me non resta che sparecchiare, pulire e cercare di dormire anch'io. Alle 15,30 il cambio: Barbara, moglie di Francesco, e Vincenzo si aggiungono al nostro equipaggio, ma Mirella, tormentata dal mal di testa, cede il pozzetto del suo Artemide a Barbara, preferendo aspettarci a Pozzallo. Ripreso il mare, Vincenzo, che guida un'Aretusa ed io decidiamo di fare l'andatura, mentre Francesco e Barbara rimangono indietro, un po' attardati. Ancora una volta nasce l'intesa marinara e con Vincenzo riesco a chiacchierare piacevolmente per le tre ore successive: in effetti i 14 chilometri rimasti si rivelano un po' più duri, a causa del vento che nel pomeriggio comincia a spirare da SO, rallentandoci un pò; Pozzallo sembra lontanissima, ma le carte parlano chiaro: manca ormai veramente poco al traguardo giornaliero!! L'effetto che ci fa sembrare lontana la costa è legato alla grande foschia che avvolge il Capo su sui sorge la cittadina iblea, ma finalmente, alle 19, ritroviamo la nostra Mirella ad attenderci sulla spiaggia, mentre di li a poco anche Tania arriva con la macchina per l'azione di recupero. Grandi donne!!! La giornata si conclude con un bilancio di circa 44 chilometri in 7,30: grazie ancora ai miei compagni!!
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Domenica 23 luglio: MARZAMEMI-OGNINA (SR)

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La soddisfazione del giorno precedente, la cena a base di pesce con la famiglia Santuccio e una dormita rinfrescata dalla brezza della notte mi spingono a riprendere il mare, svegliatosi anch'esso in forma smagliante. Alle 9, ancora Tania ed il mio Simone sono con me sulla spiaggia ad assistere a questo ennesimo imbarco: il solito misto di pensieri felici e preoccupati per ciò che mi aspetta e per ciò che aspetta loro…ma so che siamo in buone mani tutti e prendo il largo rapidamente. I primi 14 chilometri vengono coperti in sole due ore: non mi aspettavo così presto dopo una tappa impegnativa come la precedente. Supero la riserva di Vendicari che purtroppo non costeggio per rispetto del divieto vigente nella zona A del parco. Una foto da lontano, quindi via, verso Cala Bernardo. Prima però incrocio Lido di Noto, con i suoi stabilimenti balneari, e qui, come a suo tempo a Capo Calvà, ho il brusco richiamo della civiltà: il silenzio viene irrimediabilmente compromesso dagli ordini dati da un'istruttrice di aerobica ai suoi trafelati allievi con un amplificazione da far impallidire gli U2…mentre un altro DJ, a 200 mt dirige con altrettanta passione un' improvvisata sfilata di bellezze locali. Lo sfrecciare infine dei motoscafi e degli acqua- scooter mi persuade che di domenica, in estate, la maggioranza della popolazione si annulla negli unici due ideali della moderna società , che apparentemente contano: il frastuono, generato da motori, altoparlanti e musica, e la velocità, quella agognata da giovani già vecchi e, cosa più demoralizzante, da anziani che si sentono giovani, la cui modestia mentale è direttamente proporzionale alla lunghezza dei motoscafi ed al loro numero di cavalli!! Il mare non è più calmo: anche da cielo un paracadutista improvvisato svolazza nell'aria al seguito di un capriccioso scafo giallo che lo traina sballottandolo qua e là senza pietà: il bello che quello lassù paga pure! Superata Cala Bernardo ed il golfo di Avola, alle 13 riesco a raggiungere l'altro centro del divertimento aretuseo: Fontane Bianche. Vorrei sbarcare ma a distanza non vedo un lembo di spiaggia libero per poggiare la mia prua e il bisogno di silenzio e solitudine prevalgono anche stavolta. Proseguo quindi ancora, alla ricerca di una spiaggia più tranquilla, ma come riportato anche dalle carte, le coste sono rocciose e non v'è modo di approdare. Stanco e affamato decido ugualmente di sbarcare, trovando un tratto di costa basso con mare più calmo. L'Ulisse sfila sull'acqua calma di questa piccola laguna e si arena su un letto di alghe secche che ammorbidiscono l'impatto. Lo spettacolo non è dei più entusiasmanti: alle spalle della costa si estende una pianura arida ed inospitale; ovunque immondizia, tronchi inceneriti da falò notturni e deiezioni animali di varia taglia…ma sono stanco ed accetto di pagare questo prezzo al mio bisogno di calma. Appronto l'angolo cottura, predisponendomi al bis di pasta con tonno (lo chef non ha molta fantasia) e cerco di costruire un riparo dal sole. Qui non c'è sabbia e i picchetti non possono essere piantati: trasformato in un Robinson Crusoe dell'ultima ora, decido di fissare il telone contro vento, per sfruttare l'aria come sostegno, agganciandolo alla linea di sicurezza del kayak, da una parte, e, grazie ai tiranti, legandolo agli scogli dall'altra.. Infine, con geniale improvvisazione, fisso l'unico paletto ad un occhiello per evitare la caduta del vento e utilizzo una canna trovata sul posto, per sorreggere l'unico fianco del telone rimasto libero. Le foto rendono meglio l'idea: sono comunque contento di aver trovato questo piccolo angolo, trovo un po' di refrigerio nell'acqua e mangio il mio piattone di pasta al tonno. L'effetto non è minimamente paragonabile a quello del giorno prima, ma mancano gli ingredienti principali, ed il pasto si rivela una pura formalità. Sono già le 16, per cui mi affretto a smontare il bivacco e mi rigetto in mare, che nel frattempo si è fatto più agitato, a causa di un leggero vento di scirocco. Ma già dopo 20 minuti ecco apparire il porticciolo di Ognina: avviso mia moglie di essere già arrivato ma di fare con calma, visto il buon anticipo con cui ho raggiunto la mia meta. L'ottava tappa mi ha quindi permesso di aggiungere questi 33 chilometri al mio percorso lungo la costa ionica, che ormai è quasi completata…medito già mercoledì 26 di unire Catania con Brucoli, così da sperare di archiviare questa prima parte del viaggio che unisce Pozzallo a Capo d'Orlando, con circa 400 chilometri percorsi in 9 giorni (una media di 44 chilometri giornalieri).
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Mercoledì 26 luglio: Catania - Brucoli (SR)

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La tappa odierna si presenta nella duplice caratteristica di completamento del percorso sul lato Jonico della Sicilia, che mi ha visto sbracciare da Messina a Porto Palo di Capo Passero in 5 giorni, ma ha anche il pregio di costituire un segno di gratitudine da parte mia al sorprendente gruppo di canoisti brucolani ed Augustani, che già 10 giorni fa mi avevano dimostrato grande disponibilità di accompagnarmi per un tratto del mio percorso verso Ognina di Siracusa. Oggi infatti nel grazioso borgo marinaro si svolgono i festeggiamenti per il Santo Patrono, San Nicola, e nell’ambito delle manifestazioni che accompagnano la festa religiosa, si svolgerà in serata una fiaccolata nel golfo che vedrà protagoniste le canoe. È quindi importante esserci: il mare ti insegna la semplicità ed il rispetto delle tradizioni, poiché il mare stesso pretende i suoi riti e le sue devozioni, cui nessun marinaio si sottrae. Così alle 8,15 riparto dal mio di borgo marinaro, Ognina di Catania, o come sarebbe più corretto dire, Lognina, dal fiume che sfociava al suo interno, il Longane. Mia moglie è sempre al mio fianco e mi saluta all’ennesimo imbarco dal porto di Ulisse… In meno di un’ora, favorito da un mare generosamente calmo, raggiungo il molo foraneo del Porto di Catania e comincio a passare in rivista tutti gli stabilimenti balneari. In passato non mi ero mai spinto oltre il Camping Internazionale, per cui non nascondo una certa curiosità nel poter finalmente prolungare questa mia navigazione in direzione Sud. La canoa scivola senza difficoltà sulle acque poco profonde del litorale catanese, fra due ali di meduse bianche, che tornano a frequentare i miei resoconti, come un incubo ed al tempo stesso, come un segno della vitalità di questo mare sempre più sfruttato e privato delle sue bellezze. Giungo al Simeto in 2 ore e 30, e mi raccordo con l’amica Mirella, per incontrarci di lì a poco per una pausa ristoratrice. Nel frattempo l’oasi si mostra in tutta la sua bellezza selvaggia, tanto selvaggia che mi imbatto in un nudista attempato, che senza alcun pudore si mostra al ‘pubblico ludibrio’, forse perché anche rassicurato dal mio istintivo allontanamento dalla spiaggia, per “motivi precauzionali”!! Alle 12,30 giungo in località Vaccarizzo, dove Mirella mi accoglie con un, a dir poco, sontuoso spuntino del ‘faticatore’: sotto l’ombrellone si materializza la tavola delle grandi occasioni, con frutta in ghiaccio, acqua fredda, insalata di riso della mamma e un po’ di caffè: cosa vuoi di più dalla vita! Faccio un veloce bagno, mangio di gusto la frutta ma rinuncio all’insalata per evitare appesantimenti e per riservarmi la consumazione del pranzo al sacco che la mia mamma aveva amorevolmente preparato. Dopo circa un’ora riprendo il mare: il vento, come al solito, ha girato a sud est, e mi ritrovo a dover superare le onde un po’ disordinate del braccio di mare che mi separa dal promontorio di Brucoli. Taglio quindi in direzione di Castelluccio, e senza neanche accorgermene, in meno di un’ora mi ritrovo nella Baia di Arcile e qui il miracolo: sul prato verde della splendida Baia si trovano a mangiare proprio tutti i miei amici di Brucoli. Antonio, Francesco, Elio, Gigi, Guglielmo, il mitico istruttore Rino, Giuseppe DI Mauro e Serena, venuti anche per promuovere le canoe della Overline, l’illustre Cesare e signora. Mi unisco a loro e vengo investito dalla proverbiale ospitalità: panini di vario tipo, birra fredda, thè freddo, il tutto all’ombra degli eucaliptus, a due metri dal mare. Mangio il mio spuntino e riposo di gusto. Alle 16,00 tutti a Brucoli per le prove della fiaccolata delle 21. Sono molto rilassato e la stanchezza è vinta dalla curiosità. Al buio, nello specchio di mare antistante il castello la fiaccola congegnata dal genio degli amici di Brucoli prende forma sul mio Kayak, ed in fila indiana ci dirigiamo verso la zattera recante l’iscrizione “W San Nicola”. Qui due cerchi di fiaccole si compongono in una lettera V maiuscola ed anche io vengo travolto dalla devozione sincera degli abitanti e dei turisti che nel frattempo hanno conquistato ogni centimetro della rocciosa costa. Le pagaie si alzano al grido di devozione e i fuochi di artificio esaltano questa immagine spettacolare, dove come sottolineavo in precedenza, la semplicità si trasforma in eccezionalità, Per un attimo mi sento adottato dalla comunità: veniamo da Catania, Palermo, Siracusa, ma, in quel momento, siamo tutti cittadini di Brucoli e questo impreziosisce la mia avventura, che non potrò più scordare. Con oggi ho percorso circa 400 km: sono a quasi metà del percorso!!
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Venerdì 28 luglio: Licata (AG)- Gela (CL)


La decima tappa riparte da molto lontano. In un immaginario legame temporale con il mio giro dell'isola di tre anni fa, mi trovo oggi ad affrontare un percorso da me mai intrapreso, come del resto le ultime 4 tappe, che da Catania mi hanno condotto a Pozzallo. La partenza da Licata avviene in tarda mattinata: 3 ore di auto portano l'Ulisse 2° ed il suo passeggero ai piedi del costone roccioso su cui si adagia il paesino di Licata. Arrivato all'ora di pranzo, decido ancora una volta di nutrirmi di barrette energetiche e con il favore del vento, che generosamente soffia da Ovest - Sud-Ovest, entro in mare dalla spiaggia ad ovest del porticciolo. Passata una prima mezz'ora in lieve difficoltà per le onde di ritorno dal molo foraneo, mi ritrovo alle porte dell'immenso golfo di Gela…chi mi ha preceduto, ricorderà la grande monotonia del bacino antistante il lato marittimo della provincia di Caltanissetta: solo sabbia ed aridità, da Licata e Gela; solo desolazione e serre, da Gela a Scoglitti. Ero preparato a questo ed ero conscio di quanto mi aspettasse: non a caso molti amici canoisti avevano guardato con molta perplessità alla mia scelta (obbligata) di viaggiare in solitario, dato che bisogna darsi motivazioni ogni istante in cui la fatica, i dolori o la noia ti assalgono. La preghiera accompagna il primo tratto (il più lungo) da Licata al Castello di Falconara; in un secondo momento comincio a fare calcoli e mi convinco che la mia media sia, all'incirca, di 3 nodi e 77, pari a 7,5 km orari. Così, fra un sorso d'acqua ed un morso all'essenziale barretta, seguo lo scorrere dei miei chilometri d'acqua sotto la carena, con l'Ulisse II stabile e deciso nel planare sulle onde lunghe che mi sollevano e mi ripongono placidamente sull'acqua. In meno di due ore raggiungo lo splendido castello, simbolo di nobiltà e di antichi fasti, che resto ad ammirare e fotografare per qualche istante, quindi punto su Capo Manfria, che mi apre rapidamente il campo visivo verso le ciminiere del polo industriale gelose. In pratica, in 4,40 ore entro nel porticciolo turistico e sbarco sulla sabbia del Circolo velico.
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sabato 29 luglio: Gela (CL)- Punta Braccetto (RG)


La giornata si preannuncia caldissima e non credo che stato di grazia del mare durerà ancora a lungo. Tuttavia decido di sfruttare questo ennesimo atto di clemenza di Sua Maestà, il Mare, e con mia moglie, di buon mattino, raggiungo la spiaggia inquinata a fianco del pontile del petrolchimico. Lo scenario è orrido: dopo Milazzo ed Augusta, questo è il terso ed ultimo colpo inferto dall’uomo ad una natura straordinaria. Dovete sapere che infatti, a pochi chilometri da questo pontile la cui lunghezza fa immaginare le pretese tentacolari di una società, la nostra, sempre più assetata del liquido nero, si trova una zona umida, un pantano, riserva naturale, dove transitano diverse specie della fauna migratoria… ma è impressionante sentire, anche a distanza di oltre 10 chilometri il sonoro e tetro ruggito di un’altissima ciminiera che lancia verso il cielo il suo nauseante scarto… La costa che mi sfila accanto è senza soluzione di continuità: solo sabbia, coste aride, qualche gabbiano: il nulla. Anche il mare rimanda immagini irreali: mi pare infatti di scorgere in lontananza un’enorme onda che si avanza, in un misto di strani colori, dall’azzurro pallido al violetto. Solo il litorale di marina di Acate rompe questa monotonia e per la prima volta mi fa piacere sentire voci e suoni dalla spiaggia. Voglio accelerare e decido così di effettuare un esercizio che ho spesso eseguito in allenamento: alterno cento colpi alla massima velocità a 200 lenti. Questo ciclo viene ripetuto circa 20 volte ed effettivamente mi premia, perché finalmente supero i 22 chilometri che separano Gela da Capo Zafaglione e giungo a Scoglitti. Ma la mia famiglia ed i carissimi amici Alessandro e Giovanna che ci ospitano, hanno deciso di aspettarmi oltre, per cui di slancio supero il porto del comune ragusano e proseguo per Punta Braccetto, estremo meridionale del golfo gelese. Incrocio così la zona archeologica dell’antico insediamento di Camarina, quindi gli ombrelloni e le bianche vele del Club Mediterranee ed infine sbarco a circa 3 chilometri dall’agognata fine del mio incubo. Ci sono volute circa 9 ore per coprire i 60 chilometri di costa del golfo. Avrei voluto continuare, ma il mio presentimento si manifesta in tutta la sua concretezza: dopo le 15, infatti, un forte vento da Sud , Sud-Ovest comincia ad incitare il mare che si gonfia, impedendomi di fatto di ripartire. O meglio, avrei potuto anche tentare, ma il pensiero che un peggioramento mi avrebbe potuto costringere a sbarchi in zone non raggiungibili da terra, mi riporta a più miti (e saggi consigli) e richiamo Tania per venirmi a prendere nella spiaggia dove l’avevo incontrati, all’ora di pranzo. Il mare di lì a poco coprirà la spiaggia dove avevo mangiato e riposato, impedendomi di fatto di ripartire anche l’indomani…Sono comunque soddisfatto, dato che adesso sono sicuramente arrivato a metà del mio giro, con 470 chilometri coperti.
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Lunedì 21 agosto: Punta Braccetto - Pozzallo (RG)


Sono trascorse 3 settimane dall'ultima mia discesa in mare: questo, in effetti, nella settimana successiva non cessò un solo giorno il suo tormentato moto, alternando giornate di forza 5 a giornate di forza 6: roba che neanche quei delinquenti di scafisti oserebbero sfidare con i loro rattoppati carichi di fame e disperazione. Così il rientro a lavoro per altre due settimane cancella ogni possibilità di riprendere la marcia, costringendomi a rimandare la prossima tappa a data da destinarsi. Buona regola vuole, però, che in previsione di rinnovati impegni sportivi, non ci si possa cullare su quanto fatto precedentemente, con il rischio poi di veder vanificati gli sforzi invernali, a causa di un calo di forma. Quindi per due settimane ho deciso di recarmi al lavoro in bicicletta, da Nicolosi (un paesino a circa 700 mt. di quota, sull'Etna, ad Acireale, sullo Ionio, percorrendo oltre 30 km al giorno, di cui la metà soltanto in salita. Nonostante il caldo e la forte pendenza, ciò mi ha garantito il mantenimento della resistenza aerobica, con relativo potenziamento della schiena e delle gambe, in ogni caso molto utili al canoista, atleta completo e non semplicemente sportivo "da seduto". Sabato 19 si preparava il ritorno sul Tirreno, con una tappa fino a Santo Stefano di Camastra, ma l'indisponibilità di mia moglie a farmi compagnia ed un gusto all'auto, mi spingono a declinare il gentilissimo invito dei carissimi Giuseppe e Francesco di Capo d'Orlando, i Paladini, sempre pronti ad offrirmi supporto e compagnia. Sembrava comunque tutto rimandato a lunedì, ma domenica 20 la svolta: mancano solo 5 tappe alla conclusione del Periplo iniziato tre anni fa, mentre il Riggi-ro, il ritorno cioè nei luoghi più belli di quel primo viaggio, ed arrivato proprio a Capo d'Orlando, attende soltanto 3 tappe, da Terrasini a Mondello, da Porticello a Cefalù e da Cefalù a Santo Stefano, per definirsi completato. Inutile quindi ritornare a navigare davanti a coste già sufficientemente viste e, obbiettivamente meno attraenti, come quelle di Sant'Agata di Militello o Marina di Caronia (spero non me ne vogliano gli abitanti). A questo punto viene presa la decisione: prima dell'inizio delle ferie con la famiglia, percorrerò proprio una delle tappe finali del Periplo, quella geograficamente più vicina a Catania e destinata a rimanere scollegata da altri percorsi: Punta Braccetto- Pozzallo. Infatti lo scorso 22 luglio, con Barbara, Francesco e Vincenzo avevamo raggiunto Pozzallo da Marzamemi, e il 29 luglio il mare non mi aveva permesso di unire Licata alla cittadina iblea. Sveglia ore 5,30, partenza da Pedara alle 5,45 e arrivo a Punta Braccetto alle 8,30: mi rincuora avere Tania accanto, mentre la temperatura più mite della costa, ed il mare stupendamente tranquillo mi trascinano in acqua come l'entusiasmo delle prime tappe…Il caldo si fa sentire: sono le 9, ma il termometro segna già 34° C, e solo il vento previsto da ovest potrebbe far migliorare la situazione. Alle 9,35 il vento si alza velocemente e mi sospinge da Sud-ovest: non sono un grande surfista, ma cerco alla meno peggio di cavalcare le onde non certo proibitive ma comunque impegnative. Supero Marina di Ragusa e guadagno a fatica la spiaggia di Donna Lucata: ancora caldo e mare traverso esalano i loro depressivi effetti e come al solito devo ricorrere alle canzoni a squarciagola per rianimarmi e continuare a remare… Dopo Cava d'Aliga la musica (non la mia!!) cambia: il paesaggio diventa vario e resto favorevolmente sorpreso dalla coste rocciose che precedono il borgo di Sampieri e di Marina di Modica: belle spiagge, non troppo affollate, e case ben integrare nel ambiente circostante. Infine, quando pensavo di essere ancora a 2 ore dall'arrivo, mi accorgo di essere già davanti al molo foraneo del porto di Pozzallo!! Ringrazio Dio di questo, dato che il mare sembra aver cominciato il conto alla rovescia per lo sviluppo di un moto ondoso più consistente. Al sicuro del porto mi concedo un po' di riposo, avviso Tania del mio arrivo, anche se non ce n'è bisogno, visto che è già nei pressi di Pozzallo, e sbarco sull'umida spiaggia che conobbi un mese fa, dopo 5 ore e 35 km percorsi. Il mio pensiero va a Francesco e Barbara: spero stiano bene e riescano ad avere una giornata finalmente clemente.
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Sabato 28 ottobre 13^ tappa - Eraclea Minoa - San Leone


E' vero, non vi sbagliate, avete letto proprio 28 ottobre: e sì, perché ci sono voluti più di due mesi per riprendere la mia impresa sui mari siciliani, a causa sia degli impegni personali (di famiglia e lavorativi), ma soprattutto a causa delle condizioni meteo, puntualmente difficili ad ogni week-end. Settembre ed ottobre hanno costituito un assaggio abbastanza esplicito dell'inizio dell'autunno, e proprio non ci credevo quando giovedì 26 ottobre, poco prima di partecipare all'assemblea dei soci di Maremotu, il sito "Mare e Venti" di Repubblica improvvisamente parlava di mare calmo e vento sotto i 5 nodi nella zona dell'agrigentino!!! Questa volta però non posso chiedere compagnia e supporto a mia moglie: le spiagge son deserte, deserte e silenziose…come la canzone, ed io mi preoccuperei a lasciarla, anche solo per qualche ora, in luoghi così isolati. Provo ad impietosire gli amici del kayak, ma Francesco si è messo a riparare tegole, mentre il caro Giuseppe Di Mauro sottostà ad "impegni coniugali"!!! Rimasto solo, decido allora di tentare un'impresa che spesso mi era passata per la mente, ma che non avevo mai osato attuare: fissare un luogo di imbarco a metà del percorso previsto e spostarmi ora ad ovest, ora ad est, rientrando però sempre con il kayak al punto di partenza, Si tratta di un mezzo suicidio, visto che la tappa viene ovviamente raddoppiata, e lo stress è soprattutto mentale, dato che bisogna rimanere concentrati non sul punto di arrivo, ma su quello di partenza, visto che nessuno ti verrà a prendere e devi calcolare le tue forze e quelle imprevedibili del mare. Ma la mia volontà è più forte, il gusto di superare il mio limite costituisce un imperativo, e dimostrare soprattutto a me stesso che la fatica è un partner scomodo ma utile e non un male da sfuggire a tutti i costi, come molti al giorno d'oggi pensano: cado in una sorta trance (o delirio di incoscienza) da cui rinvengo solo al momento in cui diventa difficile tornare indietro. Alle 7,26 sono già in macchina, kayak sul tetto, ed in poco più di un'ora raggiungo Sacchitello, dove mi fermo per un caffè ed un panino col prosciutto da consumare a pranzo. Ho infatti deciso di alleggerire lo scafo, rinunciando a tutta quella attrezzatura non strettamente necessaria ad una tappa del genere, dove il peso ridotto costituisce il primo requisito per un buon successo della prova. Rinuncio anche al fedele carrellino, al telone con stuoia, alla paletteria del telone e riduco persino le dosi d'acqua, trasportandone "solo" 4 litri mentre la riserva di Gatorade consta di tre bottiglie. A causa dei lavori che bloccano lo svincolo di Caltanissetta, sono costretto a percorrere una strada tortuosissima che da Ponte Cinque Archi mi porta fino alla Statale per Agrigento. Mentre guido decido fra le due alternative: imbarcarmi a Siciliana Marina e destinare la tappa odierna al tratto di mare compreso fra Eraclea Minoa e Porto Empedocle, o imbarcarmi a Marina di Palma e coprire la distanza fra San Leone e Licata. La minore distanza della prima ipotesi e la sicurezza di incontrare posti magnifici mi inducono a svoltare a destra, verso Sciacca e puntare direttamente su Siciliana Marina. Anche tre anni fa avevo provato a riprendere il mio periplo da lì, ma la stanchezza e la voglia di famiglia mi avevano scoraggiato dal riprendere il mio viaggio. Ora nessuno può più fermarmi: nessuno perché il paese è praticamente deserto, senz'anima viva, con la spiaggia (in foto) desolata, coperta di detriti portati dal mare, e le poche strutture lasciate dai villeggianti nella recente stagione estiva. Il mare mi aspetta: calmo, azzurro, leggero, come soloil mare in inverno può essere, senza il suo carico di afa e di umidità. Pochi minuti e l'Ulisse II è pronto: entro in acqua, ne prendo un po' a bordo a causa di una chiusura difettosa del paraspruzzi, indosso le cuffie del mio nuovo MP3, un I-Pod Shuffle chiuso nella sua custodia a tenuta stagna, per evitare la nuova perdita (vedi prima tappa) e sulle note di un brano di musica celtica punto direttamente ad ovest, verso Eraclea. Le spiagge sono veramente uniche nella loro commovente solitudine: le scogliere si alternano nelle loro colorazioni migliori, passando dalle sfumature rosa a quelle del bianco più accecante. Non riesco a fare a meno di scattare foto, pur non amando questa pratica, e scovo angoli insoliti di una natura che si è tornata ad impadronire di quanto l'uomo e l'estate le hanno preso in ostaggio per vari mesi. Qua e là qualche camper, qualche coppietta sorpresa a prendere il sole in completa libertà, distante da occhi indiscreti e, soprattutto, un grande silenzio!! Avrei forse fatto meglio ad intraprendere ora il mio viaggio, e non in estate, penso fra me e me, ma poi mi richiamo all'ordine, dato che ho remato per 1,40 e prevedo di rientrare a Siciliana entro le tre ore e venti di navigazione, per garantirmi un buon margine al pomeriggio. Una occhiata fugace all'ultima metà del mio precedente viaggio e, aggiunto un anello alla catena del viaggio del 2003, riparto per Siciliana dove giungo alle 14,00. Sbarco, mangio il panino seduto su un bidone di vernice capovolto e seguo divertito il goffo tentativo di una coppia di sposi di avanzare sulla spiaggia per scattare qualche foto del momento più felice della loro vita: in realtà ci sono oltre 29° gradi e il novello sposo veste in velluto nero pesante, mentre la dama indossa un ingombrante gonna sostenuta da un arco metallico che la rende più simile ad una delle sorelle di Cenerentola che ad una sposa felice. Ma basta poco per essere felici: io per lo meno lo sono, perché mi trovo in costume, il 28 ottobre, rinfrancato da un bagno tonificante nell'acqua ancora gradevole del Mediterraneo, ormai prossimo alla conclusione del mio periplo. Alle 14,30 riparto per Porto Empedocle. Il mare mantiene la sua promessa e solo dopo lo splendido Capo Rossello accenna ad aumentare il suo moto ondoso: sapevo infatti che il vento sarebbe salito da 5 a 10 nodi, per cui, poco prima di Porto Empedocle, dopo quasi due ore di navigazione, ruoto il timone a dritta e rimetto la prua ad ovest, verso Siciliana. Il vento è più forte, ma il mare non mi ostacola più di tanto, anzi mi da la sensazione di aumentare la mia velocità, grazie al contrasto del vento, precedentemente a favore, Mi scorrono accanto veloci gli scogli di Monterosso, con il suo caratteristico torrione di avvistamento, e riesco a scattare ancora qualche foto. Alle 18,00 raggiungo Siculiana: non mi pare vero di aver concluso la tappa, con quasi 50 Km coperti, le spalle insensibili alle sollecitazioni ed il volto riarso dal fortissimo caldo e dalla mancanza di un cappellino, unico neo di questa giornata. Decido di rientrare a Catania, perché è troppo forte la voglia di condividere la mia gioia con moglie e figlio. In fondo la domenica con un'ora di sonno in più grazie al ritorno all'ora solare, mi permetterà di recuperare energie, mentre il giorno di ferie programmato per lunedì 30, mi consentirà di tornare ad Agrigento per firmare l'ultimo atto di questo viaggio, a spizzichi e mozzichi, durato più di 4 mesi!!!
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Lunedì 30 ottobre


Purtroppo la fortuna non mi assiste: costretto dalle circostanze a partire più tardi da Catania, arrivo a San Leone addirittura alle 12,00. Il mare purtroppo è mosso, in direzione est, cosa che mi permetterebbe di surfare fino alla meta, se non dovessi però poi tornare indietro con le mie forze, Chiamo mia moglie, per avvisarla, e diciamo pure, per sfogare il mio disappunto (detto in parole nobili!), ma il suo temporaneo impegno mi costringe a qualche breve cenno al mio disagio. Chiamo allora il caro Francesco che capisce benissimo il mio stato, essendoci passato tante volte in Sardegna, e mi promette che l'ultima tappa di questo periplo dovrà essere consumata come un pranzo di festa: in compagnia!! Rinfrancato dalla sua offerta di aiuto, rafforzata da analoga offerta del grande Vincenzo da Scicli, rimando alla prossima giornata di grazia la quattordicesima ed ultima tappa del periplo, e vado soltanto a scattare qualche foto a marina di Palma, anche per documentare il risultato negativo della giornata.
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Domenica 5 novembre - San Leone-Licata - L'ultimo assalto.




Il gran giorno è finalmente arrivato: miracolosamente, il clima, bruscamente trasformatosi negli ultimi giorni, dopo averci regalato degli scampoli di autentica settimana estiva, decide di ripensarci, almeno per un giorno, come se avesse deciso di offrire una proroga al sottoscritto per terminare finalmente il periplo della Sicilia. Il vento, fino al giorno prima teso e fastidioso, oltre che molto freddo, cala improvvisamente a 5 nodi, carezzando il mare, che si calma, recuperando i chiari colori del cielo libero da nubi, tipico del tardo autunno. Già dal giovedì le previsioni dei vari siti meteo avevano annunziato tale miglioramento, ma il bollettino dei naviganti, sempre prodigo di presagi negativi, dava segnali opposti, di mare mosso, vento forza 5, per giunta da Est, Sud-est, soffiando in direzione opposta alla mia. L'incrollabile fede di Francesco Petralia nel miglioramento e nella mia capacità di affrontare queste condizioni, mi induce a nutrire qualche speranza, che si concretizza nella giornata di sabato, quando finalmente il vento, anche a Catania, comincia a calare, dando un po' di tregua ai forzati del cambio di stagione, improvvisamente costretti a tuffarsi negli armadi alla ricerca disperata del capo più pesante da sostituire al più leggero. Francesco, che con gli amici di Maremotu, ha già percorso un primo tratto di mare, da Siculiana a Porto Empedocle (vedi diario dell'escursione), mi rassicura sul mare calmo e sulla infondatezza delle indicazioni del VHF. Il dado è tratto: a letto presto e sveglia alle 4,50. La canoa sale sul tetto della macchina alle 5,40 e alle 5,50 comincia il viaggio che durerà quasi 24 ore. Arrivo ad Agrigento alle 8,00 e trovo il mare calmo, leggermente grigio a causa di cirri bassi che non impensieriscono, visto lo spessore: dalle mie letture sulla meteorologia, sapevo che se l'altezza delle nubi è inferiore alla loro distanza dalla superficie, non si prevedono pioggie. Con puntualità teutonica il manipolo dei magnifici 6 raggiunge la spiaggia dove, in tutta fretta, mi vado preparando: non vedo l'ora di iniziare, conscio che stavo vivendo "La giornata perfetta". Francesco, Vincenzo, Gabriele, Mirella, Serena e Giuseppe, mi abbracciano fra le pagaie e parte il cosidetto 'ultimo assalto'!! In verità qualcosa sin dall'inizio non gira per il verso giusto: la notte fredda trascorsa in riva al mare e la fatica accumulata su braccia meno allenate gioca un brutto scherzo a Serena e Mirella, che nonostante la grande voglia di essere protagoniste della giornata, devono addivenire a più miti propositi. Così a Marina di Palma si conclude la loro giornata, mentre con Vincenzo e Gabriele, sicuro del loro appoggio e preoccupato dell'oscurità anticipata dell'ora solare, proseguo a quasi 4 nodi, alla volta di Licata. Il paesaggio è magnifico, grazie alle coste già verdeggianti, in contrasto con un rassicurante azzurro del mare: Capo Bianco, con la casermetta della II guerra mondiale, il Maniero scintillante di Montechiaro, gli scogli affioranti di Punta Maffe, le innumerevoli torri di segnalazione e le frane argillose dei golfi incrociati, fanno da corollario ad una tappa esaltante. In tre ore circa superiamo i primi 20 km, durante i quali sperimento il suggerimento del mio grande allenatore, Simone Bandini, quello cioè di sostituire le consuete e stucchevoli barrette energetiche con porzioni di patata lessa e condita con olio e sale, più naturali, altrettanto energetiche e sicuramente più digeribili, porzioni che condivuido con l'incauto Gabriele, caduto in piena crisi ipoglicemica a causa della mancata integrazione alimentare nel corso della lunga tappa. Dispenso consigli e raccomandazioni ai miei compagni di viaggio, frutto delle esperienze vissute in queste 14 tappe: bere acqua ogni mezz'ora, integratori salini ogni 45' e un boccone di alimenti a base di carboidrati ogni ora, ma anche l'uso di una bottiglia vuota a collo largo per le esigenze più impellenti….
Alle 13 ci fermiamo per il pranzo e per una breve pennichella sotto un sole diventato caldo, cullati da onde discrete e rilassanti. Alle 13,30 Vincenzo ci coccola con un caffè, poco disponibile ad uscire dalla tradizionale moka, ma il calore della bevanda, diviso fraternamente, ci mette allegria e voglia di riprendere il nostro percorso. Qualche minuto dopo la nostra partenza notiamo il luccichio di due pagaie lignee all'orizzonte: Giuseppe e Francesco, lasciate le ragazze a Marina di Palma, stanno sopraggiungendo, a palata decisa, dirigendosi verso la spiagga che avevamo da poco lasciata, per consumare il pranzo e riposare qualche istante. Ma il tempo ci incalza: decidiamo di proseguire per evitare l'oscurità, evento sconsigliabile quando fa freddo e quando la nostra meta è preceduta da una lunga fila di scogli, per lo più sommersi, che ci potrebbero danneggiare e ostacolare. La marcia, per quanto spedita, risulta affaticata dalle quasi 4 ore di lavoro mattutino, e dalla sveglia anticipata, per cui troviamo più difficile avanzare, anche a causa di un'onda traversa che costringe i kayak di Vincenzo e Gabriele a continue virate. In particolare quest'ultimo rimane molto indietro e viste le condizioni atmosferiche e l'oscurità incipiente, decidiamo alla fine di aspettare il suo arrivo, che si verifica 15 minuti dopo. Finalmente riuniti, puntiamo su Licata, che scorgiamo dietro l'ennesimo capo. Ho il cuore pieno di gioia: dopo tanto tempo, finalmente, vedo quella meta tanto desiderata e sempre tanto lontana, ormai a portata di mano. Un ultimo sforzo e poggio la prua sulla spiaggia, che bacio letteralmente, incurante dell'umido. Il luogo è quanto di più squallido si possa desiderare in Sicilia, mal frequentato e poco illuminato, ma nulla in questo momento può rovinare la grandiosità di questo momento: neanche la bonaria paternale del mio maestro Francesco, rammaricato per non aver potuto condividere fino all'ultimo questo momento da lui creato. Lo sbarco si conclude comunque con un grande abbraccio e una lunga peregrinazione per recuperare tutti i naviganti, ovunque sparsi sulla costa che si conclude, almeno per il sottoscritto, alle 2,30 del mattino, appunto dopo 22 ore e trenta dalla sveglia del giorno prima.
Cosa passa per la testa, in queste occasioni? Soddisfazione per ciò che si è riusciti a compiere, immenso amore per la mia compagna di vita e per mio figlio che hanno accettato questi allontanamenti periodici, durati quasi 5 mesi, regalandomi la vera essenza della vita; gratitudine per gli amici, tutti, che hanno sostenuto e condiviso questa mia impresa di uomo comune e normale prestato all'avventura; riconoscenza e rinnovato orgoglio per la mia famiglia, papà, mamma, mio fratello Ezio e mia cognata Giusy, i miei zii che mi hanno amorevolmente ospitato a Brucoli, gli amici fraterni Ezio Olivo, Giuseppe Santuccio e Alessandro Nicosia; grande affetto per i colleghi dell'ufficio, che hanno sopportato i miei momenti di assenza mentale, perché assorbito dai preparativi e dai programmi di viaggio; ancora gratitudine per il mio allenatore Simone, vero artefice del mio successo, che per anni ha pazientemente e minuziosamente seguito la mia preparazione via posta elettronica, indovinando in modo prodigioso la formula dei miei allenamenti, ottenendo la giusta combinazione di forza e resistenza, imprescindibile per un'impresa come questa.
Perché l'ho fatto? Prendo a prestito una frase del navigatore solitario, Bernard Moitessier, che ho avidamente letto in questi tre anni: "Non puoi chiedere ad un gabbiano il perché del suo aprire le ali e spiccare il volo verso il mare, così, all'improvviso: lo vuole e basta!".
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Mercoledì 8 novembre. Il Riggiro: Cefalù - Santo Stefano di Camastra


La magia di questa stagione, che ci riserva ancora giornate fantastiche, travolge me e l'Ulisse II in questa speranza di concretizzare il progetto di "Riggiro" della Sicilia, originariamente concepito come un periplo completo della Sicilia, quindi evolutosi come ritorno ai luoghi maggiormente rappresentativi del periplo del 2003. Come infatti avevo avuto modo di scrivere nella puntata del 21 agosto, una volta ultimato il periplo, iniziato appunto nel 2003 e finito domenica 5 novembre 2006, mi era rimasto dentro l'ultimo sogno di questo lungo viaggio nella natura, alla ricerca di memorie, luci e colori che difficilmente potrò rivedere in futuro. Come dimenticare infatti le coste fra S.Alessio e Messina, fra Messina e Capo d'Orlando…Nelle prime 5 tappe di quest'anno avevo già riportato la verde pagaia dell'Ulisse II a rivedere ciò che il precedente Ulisse aveva scoperto. Il richiamo è riemerso imperioso nel pomeriggio di martedì, quando il meteo assicurava la stabilità dell'alta pressione sul Mediterraneo centrale: il Tirreno meridionale si presentava calmo, vento forza 2 ed anche l'angosciante bollettino dei naviganti concordava con quanto trovato su Internet. Organizzarsi in un paio d'ore non era facile: chiedere un giorno di ferie alle 22,00, trovare un contatto a Santo Stefano di Camastra per assicurarmi il recupero della macchina senza dover rifare la strada dell'andata e, soprattutto, trovare appoggio in mia moglie nel poter partire. Eppure, ancora una volta, per incanto, tutto è andato a collocarsi al suo posto, sconvolgendo anche la più rosea delle previsioni. Tania, per la quale ho esaurito qualsiasi aggettivo positivo, e che ormai gode di fama di santa nell'universo della mia vita ed in quella delle mie conoscenze (!), mi "convince" a partire, comprendendo che l'occasione è unica e non va sprecata. Il mio capo viene avvisato della mia assenza e l'amico di sempre, Giuseppe Antoci, mi assicura il suo aiuto per accompagnarmi a riprendere la macchina a Cefalù. Alle 23,30 ho già tutto pronto e riesco a non dimenticare nulla. Sveglia alle 5,00, in macchina alle 5,15, canoa sul tetto alle 5,40 e arrivo a Cefalù alle 8,30, dopo aver fatto colazione nella stessa area di servizio delle ultime due tappe, a Sacchitello, dove ormai si sono abituati a vedere la mia Polo rossa con kayak sopra e omino assonnato alla guida…La giornata conferma e, secondo me, supera le previsioni: non una nuvola, mare assolutamente piatto e luminosità del 100%: troppa grazia!! Scelgo un punto della spiaggia di una Cefalù appena risvegliatasi ad una normale giornata di lavoro: qualche foto alla città ed alla canoa, telefonata all'amico per avvisarlo della mia partenza, quindi, indossato il paraspruzzi, rientro in mare, lasciato solo da due giorni. Scopro all'improvviso di essere veramente legato a quest'acqua, che mi sembra di conoscere da sempre, al suo calore, al suo sale, al suo muoversi a volte sonnacchioso, a volte nervoso… Supero lo sperone di Cefalù e dirigo verso Capo Raisigirbi. La musica accompagna la palata a volte veloce, a volte lenta, scandendo i ritmi del mio pensiero che ritorna alle immagini di tre anni prima imprimendole in modo definitivo nella rétina del cuore. Le rocce rosse, la folta vegetazione rinvigorita dalle pioggie e dalla temperatura mite, le spiagge deserte, riescono a nascondere gli alti viadotti dell'autostrada Palermo-Messina, e soltanto il treno riesce ad aprirsi varchi in questa natura, grazie ai binari quasi in riva al mare…Ne vedo passare tanti, mentre qualche pescatore si guadagna il pranzo su piccole pilotine, ancora qua e là. Il tempo sembra non passare, ma mi risveglio alla cruda realtà, quando scopro che le tre ore e trenta previste originariamente si dilatano. Avviso tempestivamente il collega di non aspettarmi prima delle 14,00, magari preferendo come approdo la spiaggia di Villa Margi, alle porte di Santo Stefano, al porticciolo del borgo della ceramica. Mi lascio dietro Castel di Tusa e vari torrioni di avvistamento, ormai costante delle mie tappe, e capisco come anche un'isola immensa come la Sicilia sia più piccola grazie a questi antichi baluardi della comunicazione medievale. Sbarco a Santo Stefano alle 13,45, trovo l'amico Santo che mi aspettava già da qualche minuto. Mi cambio in fretta, porto in secca il kayak, lasciandolo in compagnia di alcuni pedalò e rientro a Cefalù per recuperare la macchina. Alla fine avrò percorso 30 km in 5 ore, con estremo sacrificio: pago lo sforzo delle precedenti giornate (soprattutto le mattinate alle 5 ed i rientri alle 2 del mattino), nonché gli allenamenti senza sosta di oltre un anno e mezzo, ma pregusto già la soddisfazione di riuscire a concludere le ultime tre tappe che mi restano, cioè Terrasini-Mondello, San Vito Lo Capo - Trapani e Trapani-Marsala.
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Sabato 18 novembre Il Riggiro: Mondello - Terrasini (PA)



Scrivo queste ultime mie avventure in un insolito autunno "estivo" dopo aver riletto quello che le mie mani e le mie braccia hanno disegnato attorno a questa grande isola e mi riesce veramente difficile non provare dentro già la nostalgia per le straordinarie storie vissute. Ognuna di esse, seppure descritta da una mano poco avvezza alle fatiche letterarie, è comunque un concentrato di emozioni e di sorprese, di paure e sicurezze, che soltanto provandole, le si può fare proprie per sempre. Come questa tappa, nata dalla generosità di Francesco e Barbara, che in occasione di un convegno nella zona di Piana degli Albanesi, mi offrono su un piatto d'argento una quanto mai inaspettata prospettiva di chiudere il Riggiro proprio in questo fine settimana. Nulla nasce però del tutto improvvisato: sono giorni che seguiamo i siti ormai a noi familiari, con le indicazioni di un prolungamento della fase di alta pressione nel Mediterraneo centro-occidentale, con conseguente prospettiva di mare ancora accettabile e vento moderato. In realtà il "dado viene tratto" proprio il venerdì sera, il 17, al culmine di una giornata lavorativa che difficilmente potrei definire "felice"! Francesco mi parla di cielo stellato e mare di Palermo piatto. Tania, ancora una volta si rende protagonista della mia avventura, sciogliendo gli ultimi dubbi sulla mia partenza: "puoi andare: a Simone penso io". E così avviene. Sveglia alle 4,45, in macchina alle 5,00, partenza dalla Overline, con l'Ulisse sulla macchina alle 5,30. Il buio accompagna i miei pensieri, ma le nuvole che mi accolgono fra Enna e Scillato mettono in serio pericolo il buon esito dell'impresa, e soltanto il pensiero di essere in mare con Francesco mi spinge ad andare avanti. Alle 8,45 sono già posteggiato al porticciolo di Terrasini, deserto a quell'ora, con un vento debole da terra che sospinge il mare verso est, Nord-est. Purtroppo Francesco, a causa di un contrattempo arriva un'ora dopo, ma non mi importa: adesso mi interessa solo andare in acqua. Lasciamo la mia macchina a Terrasini,carichiamo l'Ulisse II sulla macchina di Francesco e raggiungiamo Mondello, dove un altro amico, Tony, ci aspetta (anche lui!) da un bel po'. Il golfo di Mondello è semplicemente commovente: il mare è chiaro come l'aria, la spiaggia dorata è popolata ancora delle anime che le sono più legate, quegli inguaribili amanti del sole e della corsa sulla sabbia, non più rovente, Alle 10,56 puntiamo su Capo Gallo, ed arriviamo in meno di mezz'ora in un punto della costa sovrastato dall'alta scogliera che ci ripara dal sole, anche se adesso stare sotto il sole è veramente bello. Il mare che fino a quel momento ci aveva lasciato tranquilli, liberi di parlottare come quattro amici al bar, comincia ad agitarsi, sospinto da quello stesso vento apparso debole in prima mattinata, ma rinforzatosi nel giro di un paio d'ore. La nostra flotta nel frattempo si è arricchita della presenza di un autentico fenomeno del mare: Salvatore. Lo vediamo giungere da nord, dal mare aperto, con il solo giubbotto di salvataggio, senza una maglia, senza una bottiglia d'acqua in coperta, sereno e libero in un mare che sembra letteralmente dominare. La nostra presenza lo allieta e si lascia andare ad un'impressionante sequela di argomenti che cancellano la mia fama di persona dall'estenuante logorrea. La cosa straordinaria è che le parole sembrano dargli forza, perché mentre lui parla con Francesco riesce ad accelerare andando molto in avanti, mentre Tony ed io rimaniamo indietro, attardati dal minore vigore o dal maggior peso dell'imbarcazione. Dopo due ore dalla partenza, Tony ci lascia per sbarcare a Sferracavallo, mentre io cerco di accelerare il passo per non rimanere troppo distanziato da Francesco e Salvatore. Le onde si alzano, ed un paio di volte l'Ulisse riesce anche ad impennarsi, spanciando pesantemente in acqua, con il risultato di farmi bagnare. Fortunatamente indosso la muta estiva in neoprene, per cui non sento freddo e riesco, anche se a fatica, a portare il kayak nei pressi dell'Isola delle Femmine, al riparo dal vento che ora soffia da maestrale. Con Francesco, rimasto a corto di spuntini, divido le prime due razioni di patate lesse, e Francesco dimostra di gradire questo risultato della mia "alta cucina"!!! Dopo 10 minuti, in cui Salvatore non ha comunque smesso di raccontare aneddoti della sua curiosa vita di canottiere prima, di kayaker da mare, poi, ripartiamo alla volta di Punta Raisi. Alle 15,00 Salvatore ci lascia per far ritorno a Palermo, e la cosa ci stupisce alquanto, poiché sicuramente, malgrado il vento di poppa, arriverà al buio… gli avevamo offerto un passaggio da Terrasini, ma la delicatezza nel non volerci porre limiti, spinge lo stesso lo spirito selvaggio e solitario di Salvatore a rientrare, cavalcando le onde. Chi le onde si trova invece a scavalcarle, siamo io e Francesco, che anche davanti all'aeroporto troviamo condizioni di mare mosso e vento oltre i 10 nodi, malgrado qualcuno sostenga che di sera, il vento "cala"…Alle 16,30, dopo 5,30 h di lavoro siamo in vista di Terrasini. Il golfo di Castellammare è lì, davanti a noi, nella sua maestosità, contornato dai monti dello Zingaro, e dall'imponente sperone di San Vito Lo Capo: uccelli scelgono gli scogli davanti alla pista di decollo dell'aeroporto Falcone-Borsellino, e ci fanno compagnia. Non so se sono stanco, perché non sento più nulla: tutto è anchilosato!! La giornata però non è finita: nel tentativo di abbreviare la strada che ci separa dal molo, sfido una secca, intravedendo a mala pena gli scogli affioranti. Francesco mi sorveglia da vicino, ma dopo qualche metro, lo scafo urta violentemente su uno scoglio semisommerso. Inverto la rotta e mi lascio guidare dal mio maestro, grande esperto di queste situazioni limite, riuscendo infine a superare l'ultimo ostacolo e a sbarcare sano e salvo sulla sabbia umida di Terrasini. L'ultimo, immane sforzo, è quello di riportare l'Ulisse alla macchina: anche se in due, la fatica si fa sentire per entrambi, ma riusciamo a ritrovare il buon umore, alla prospettiva di una bella cena all'agriturismo che ha ospitato Barbara e Francesco già dalla sera prima. Purtroppo raggiungeremo Piana degli Albanesi soltanto alle 21, ma la cena ed il letto mantengono la promessa: rifocillati e rilassati, ci salutiamo alle 23, pronti a riprendere domani il nostro cammino, che mi permetterà di chiudere il Riggiro. Ancora una volta la scia del mare lascia dietro di me ricordi, immagini, suoni e, anche, movimenti. Il lungo permanere a bordo, su un mare mosso ci lascia dentro ancora l'energia delle onde, un'energia che sa di vitalità, ma che da il giusto ristoro alle braccia che hanno remato senza sosta. Il silenzio dei monti farà il resto…
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Domenica 19 novembre Isole dello Stagnone di Marsala (TP) - Fine del Riggiro.



L'alba a Piana degli Albanesi ci preannuncia una giornata da sogno!! Alle 7,00 la temperatura è un po' rigida, ma alle 8,00, quando decidiamo di partire, il sole è già caldo. Un malinteso al momento del pagamento, ci costringe ad un nuovo cambio di programma: Francesco parte direttamente per Partinico, ad accompagnare Barbara, mentre io, sono costretto a ritornare all'agriturismo per saldare la mia camera e quella dei coniugi Petralia. Raggiungo Partinico alle 10,00, lasciamo la macchina di Francesco e proseguiamo con la mia alla volta di Marsala. La giornata è veramente meravigliosa, e non sentiamo eccessivamente il disappunto per il nuovo ritardo accumulato alla partenza. Lasciata l'autostrada a Marsala, ci dirigiamo verso lo Stagnone, in corrispondenza dell'isolotto di Motia. Non ci vuole tanto a trovare un discesa a mare. Sembra che l'insolito autunno abbia colto di sorpresa anche i locali che disertano, con nostra somma riconoscenza, le coste, risparmiandoci gli scempi che solo una popolazione estranea alla propria terra riesce a riservare alla Natura. In effetti, malgrado la presenza capillare di cassonetti per l'immondizia lungo la strada che costeggia lo Stagnone, notiamo la moltitudine di cartacce, bottiglie di plastica, rottami e detriti vari. E questo è l'elemento più importante di un corredo di maleducazione diffusa che regala alle nostre superbe coste un aspetto a volte lugubre e sinistro, proprio della nostra indolenza ad occuparci della "roba comune"…Come sempre, ci turiamo il naso, armiamo i nostri leggeri navigli, e con la benedizione di un pescatore che ci ammira nel nostro agile scivolare sulle acque, rassegnato nel constatare come dalle sue parti i più giovani siano attratti da passatempi inconsistenti e di scarso valore, ci dirigiamo verso l'isola di Santa Maria. Francesco conosce bene questa zona: nel suo periplo della Sicilia aveva proprio dormito nel sottile lembo di terra marsalese, catturato dalla pace e dalla bellezza di questa Circe del mare. Il braccio di mare che ci separa dalla terra non supera la profondità di 50 cm e ci fermiamo spesso a fotografare ciò che ci circonda, consci di non poter certo in una giornata dissetare la nostra sete di colori ed immagini. Navighiamo sopra la strada punica, oggi sommersa, individuabile grazie ad una lunga fila di galleggianti gialli che va dalla terraferma all'isolotto Pantaleo, meglio conosciuto come Motia. Il lastricato di colore chiaro scorre sotto di noi, che per un attimo ci immergiamo in un passato che tale non sembra, grazie al perfetto stato di conservazione. Il kayak di Francesco percorre per qualche metro la strada ed affiorano nella memoria quelle antiche foto in bianco e nero che ritraggono i carretti del sale, trainati da muli che ai primi del Novecento attraversavano uno Stagnone quasi tutto emerso per trasportare la merce da una parte all'altra del grande bacino salato. Raggiungiamo quindi l'isola che costeggiamo, imbattendoci in non rare secche che ci inducono ad uno stile quasi "gattonante" , con le pagaie che pescano pochissimo, pettinando la prateria di Posidonia che cresce indisturbata da queste parti. Lasciataci l'isola alle spalle, raggiungiamo l'imboccatura dello Stagnone: Trapani è lì, a meno di 5 km da noi, e fuori dalla protezione dell'Isola Grande, il mare è più vivace, anche se non come il giorno precedente. A meno di 6 km, Favignana, Levanzo e Formica ci mostrano il loro aspetto migliore, quello dell'inizio dell'inverno, quando il verde torna a decorare la brulla montagna dell'isola del vento Favonio. Marettimo intanto si allunga dietro l'isola maggiore dell'Arcipelago, blu, con le sue altissime vette, e le sue ripide costiere rocciose: le isole sembrano tutte così vicine, da potersi toccare. All'imboccatura dello Stagnone riusciamo ad osservare uccelli di varie specie, dai cormorani al Cavaliere d'Italia, da gabbiani a piccoli rapaci. Abbandonato sulla riva un antico capannone per la lavorazione del Sale, con un vecchio mulino in disuso, alcune collinette di sale vecchio ed un piccolo approdo difeso da blocchi di arenaria che fornisce a Francesco lo spunto per saltar fuori dall'Artemide e sfogarsi con la immancabile macchina fotografica. Esco per una sortita fuori dal calmo specchio d'acqua della laguna, ma le onde mi inducono a rientrare nel mio sogno ed a non guastarlo più, visto che è la mia ultima tappa. Il tempo ci incalza e decidiamo di non costeggiare il lato orientale dell'isola maggiore, ma di puntare su Motia, non senza aver fotografato 4 asinelli, sorpresi a brucare sull'Isola di Santa Maria. Motia è lì, a due passi, finalmente!! Non sono mai stato su quest'isola, e ne scopro, grazie all'amico Francesco, le doti migliori: la serenità, la pulizia e la nobile storia. Ci avviciniamo al porto romano, sbarchiamo per un attimo, non riuscendo a rispettare il divieto riportato su un vecchio cartello. Scattiamo qualche foto, ed ancora una volta la memoria mitologica si mescola alla storia: l'Ulisse, nel suo girovagare, è arrivato in un autentico approdo antico, affascinante nella sua sofisticata tecnica di protezione delle imbarcazioni durante le fasi di carico e scarico e durante le tempeste. Rimaniamo entrambi in silenzio: anche i nostri mormorii sarebbero un sacrilegio. Non smettiamo di saccheggiare ogni immagine con le nostre macchine fotografiche ed a ripeterci che tutto questo non era un sogno, che era impossibile che si fosse al 19 novembre, che non avrei mai creduto di riuscire a chiudere questo tormentato, ma anche straordinario giro della Sicilia. Alle 13,30 ritorniamo sulla terraferma. Francesco immortala il mio sbarco e si congratula con me per il felice esito dell'impresa. Gli devo tanto: dopo mia moglie, Francesco è sicuramente quello che più di tutti ha contribuito al successo, e lo ha anche arricchito, con l'esperienza e la passione, quella di navigare lontano dal tempo e dal mondo, in cerca di un habitat migliore, una vita migliore dove far crescere i nostri figli senza paura: solo degli isolani con la salsedine nel sangue possono conoscere e continuare a rimanere rapiti…
Il Riggiro si chiude dunque qui:sono quasi 800 i km percorsi quest'estate, e mi fermo ora a godere del mio riposo meritato. Una volta e mezza ho girato la Sicilia, da solo e in compagnia e adesso, poco per volta, comincio a snocciolare nella mia mente il rosario dei ricordi, consapevole di aver fatta mia, anche se solo per qualche istante, questa bellissima ma sfortunata isola , nel cuore del Mediterraneo.
Grazie a chi ha avuto la pazienza di leggere queste pagine, grazie a chi le ha pubblicate pazientemente, grazie anche a quelli che compiranno in futuro quest'impresa, dando valore al nostro sport ed al nostro modo di vivere. Grazie a coloro che credono in una terra libera ed in un mare nuovo. Grazie a coloro che cresceranno nella convinzione che tutto ciò che ci circonda, non ci appartiene, ma ci è dato, e faranno crescere delle generazioni meno vuote delle attuali. Grazie infine a coloro che, sperando nell'onda giusta, sapranno attendere il momento in cui questa terra diventerà BELLISSIMA!
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